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Per un “giornalismo solidale, di resistenza e di lotta”
Pubblichiamo la traduzione di un intervento del compagno José Reinaldo Carvalho, responsabile del portale Vermelho (scritto nell’agosto 2012 per un seminario sulla questione palestinese, ma quanto mai attuale) riguardante la costante attività di disinformazione della maggior parte dei media e la necessità di costruire una rete internazionale di informazione alternativa, solidale e partecipata. Riteniamo quanto mai attuale il contributo del compagno Carvalho alla luce dell’intensificazione della campagna mediatica contro la Siria, volta a preparare il terreno a una possibile aggressione militare che rischia di distruggere un altro dei paesi laici e progressisti del mondo arabo e di provocare una imprevedibile reazione a catena. La storica attenzione che i comunisti hanno sempre dedicato ai temi della comunicazione (anche come strumento di organizzazione della lotta) deve oggi trovare nuova linfa e nuovi strumenti che ci consentano di porci all’altezza dello scontro politico e ideologico in atto. In questo quadro la proposta contenuta nell’intervento può essere un utile punto di avvio per un’azione che vada in tal senso, a partire dalla costruzione di momenti di dibattito e di primi strumenti di coordinamento. In Italia l’impostazione berlusconiana e conformista della gran parte dei media, Rai compresa, e i suoi effetti devastanti e normalizzatori sul senso comune rendono questo compito quanto mai necessario e urgente.
a cura di Milena Fiore e Alex Höbel
La guerra mediatica dell’imperialismo e del sionismo di Josè Reinaldo Carvalho
Questa guerra, che equivale a una specie di terrorismo, costituisce la “guerra fredda” del tempo presente, una continuazione, sul terreno della lotta delle idee, dell'offensiva dell'imperialismo in tutto il mondo contro i paesi e le forze politiche impegnate nella battaglia per l'emancipazione nazionale e sociale. È una guerra che usa la menzogna come regola e arma. I mezzi di comunicazione al servizio dell'imperialismo statunitense e dei suoi alleati si sono trasformati in un vero e proprio sistema di menzogne. Questi mezzi di comunicazione sono grandi gruppi economici privati che, oltre a guadagnare enormi profitti, si pongono al servizio del sistema nel suo complesso, difendendo le politiche conservatrici, neoliberiste e antipopolari. Gli interessi economici che questi gruppi difendono si intrecciano con il potere del capitale monopolistico-finanziario, con l'industria delle armi e con la potenza geopolitica dei paesi imperialistici. Per questi gruppi è qualcosa di naturale la loro inclinazione a difendere il saccheggio delle risorse naturali dei paesi e dei popoli, il militarismo e le guerre. La loro missione è costituire la difesa ideologica del sistema socio-economico e politico attuale. Nel loro arsenale di menzogne e inganni, vi è un inesauribile repertorio propagandistico attraverso il quale cercano di presentare gli Stati Uniti e gli altri paesi imperialisti come modelli di democrazia. Vogliono imporre il loro modello politico come l’unica democrazia, la loro ideologia come il pensiero unico da seguire, i loro valori come la quintessenza della civiltà. Tuttavia, non si è mai attentato in modo così intenso, evidente e completo alle maggiori conquiste della civiltà: la democrazia, la libertà, l’uguaglianza, la giustizia, la fratellanza, i diritti umani, i diritti sociali, la sovranità nazionale, l’autodeterminazione dei popoli, il diritto internazionale e la pace. I media sono diventati complici di crimini, dei colpi di Stato, della controrivoluzione, del terrorismo di Stato e delle guerre di aggressione e di rapina contro i popoli e le nazioni indipendenti. Sono i media che preparano il terreno per tali aggressioni, sono loro che costruiscono, con artifici e inganni, le opinioni favorevoli alla guerra, naturalizzandola, rendendola un evento banale, e conquistando l'opinione pubblica alle loro posizioni. Fu così con la preparazione delle guerre in Bosnia e in Kosovo, nella ex Jugoslavia nel 1990, in Afghanistan nel 2001, in Iraq nel 2003, in Libia nel 2011 e così è ora in Siria. Le coperture cosiddette giornalistiche di questi episodi drammatici sono sempre parziali, unilaterali e arbitrarie. Per 12 anni, tra la prima guerra di coalizione guidata dagli USA contro l'Iraq, nel 1991, e la seconda, nel 2003, i media si assunsero il compito di trasformare gli errori dell'ex presidente iracheno nella personificazione del male. Lo statista fu stigmatizzato come tiranno e, dopo che si sono verificati gli attacchi contro le torri gemelle di New York e il Pentagono, l’11 settembre del 2001, il dito accusatore dei media fu puntato verso l'Iraq come base logistica delle operazioni di Al Qaeda come se il paese fosse stato il rifugio di Osama bin Laden. Peggio di tutto, l'Iraq fu accusato di possedere armi di distruzione di massa. Tutto questo era presentato come giustificazione per iniziare la guerra contro il paese arabo. Successivamente, i suoi accusatori, una volta insediatisi come una forza di occupazione, hanno confessato che non esistevano le armi a cui si era alluso. Per quanto riguarda il conflitto tra Israele e i popoli arabi, e il popolo palestinese in particolare, i media sono ancora più unilaterali e falsi. Distorcono i fatti storici. Presentano la creazione dello Stato di Israele come una conquista democratica e un risarcimento dell’umanità per i crimini commessi dal nazismo, quando in realtà la creazione dello Stato di Israele senza la corrispettiva creazione di uno Stato palestinese, come stabiliva la risoluzione dell’Onu, e l’espansione di Israele sulle terre usurpate ai palestinesi, rappresentano quello che giustamente questi ultimi considerano una tragedia. La versione dei media di questo fatto storico, che ha provocato il martirio del popolo palestinese, è una falsificazione scandalosa della storia. I mezzi di comunicazione privati, in collaborazione con le organizzazioni sioniste di tutto il mondo, presentano Israele come una democrazia occidentalizzata, un paese tollerante e aperto, pluralista e pacifista. Niente di più falso. Quello è il regno dell’oscurantismo, del fondamentalismo, dell'estremismo, del militarismo e della politica di guerra. Se i mezzi di comunicazione dei monopolisti sono così generosi con i sionisti, dall’altra parte, sono severi con i Palestinesi, la cui lotta eroica e sacrosanta riceve gli epiteti più sprezzanti. I combattenti palestinesi e le loro organizzazioni di lotta sono chiamati terroristi. Attualmente siamo in presenza di nuove falsificazioni, che preparano il terreno per nuove avventure militari dell'imperialismo e del sionismo contro i popoli e le nazioni. Demonizzano il governo siriano e il suo presidente, Bashar Al-Assad, infiltrano il terrorismo, benedicono la banda dei mercenari che si autoproclamano Esercito di liberazione della Siria, diffondono leggende su armi chimiche ed elaborano scenari per giustificare la creazione di una cosiddetta no-fly zone aerea in Siria a partire dalle presunte aree liberate ai confini con la Giordania e la Turchia. Anche le questioni relative all’Iran sono tra i principali temi sui quali i media fabbricano e diffondono falsità indifendibili. In primo luogo, creando un’opinione negativa del modo in cui il paese organizza il proprio sistema politico, ignorando che il principio basilare del multilateralismo delle Nazioni Unite è l'autodeterminazione dei popoli e delle nazioni, e che implica il riconoscimento del diritto che ha ogni paese di costruire il sistema politico corrispondente alle proprie decisioni e alle peculiarità nazionali. In secondo luogo, i media aiutano l'imperialismo e il sionismo nel sostenere che il paese ha un programma nucleare orientato per scopi bellici, quando il governo ha assicurato alle organizzazioni internazionali che si tratta di un programma nucleare per scopi pacifici. L'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, organizzazione delle Nazioni Unite incaricata di effettuare le ispezioni sulle installazioni e i programmi nucleari, non mai ha affermato categoricamente che il programma nucleare iraniano ha scopi militari. Israele sta preparando affannosamente un attacco contro le installazioni nucleari iraniane, assassina gli scienziati, possiede armi nucleari, viola il Trattato di Non Proliferazione Nucleare. Ma i media vergognosamente tacciono su tutto questo. Peggio ancora, gli editorialisti al loro servizio nei mezzi di comunicazione privati, contrari all'etica professionale e compromessi con la loro ideologia, sono pagati per accusare di antisemitismo i critici del sionismo e dell’espansionismo dello Stato israeliano. In tutto il mondo, questo è il modo in cui agiscono anche le strutture e gli individui che si comportano come agenti della loro causa. Confondono volutamente con l'antisemitismo l'anti-sionismo, che è l’opposizione politica a un nazionalismo espansionista e imperialista. Intanto negli Stati Uniti il potere sionista è decisivo, monopolizza il potere politico, influenza le deliberazioni del Campidoglio, del Dipartimento di Stato, del Pentagono, della Casa Bianca e dei leader dei partiti che si alternano al governo. Controlla i principali quotidiani, le maggiori reti televisive e le imprese del settore cinematografico. Per queste ragioni, è urgente organizzare un movimento di opposizione alla offensiva mediatica contro le nazioni indipendenti, i paesi e popoli che lottano per l'autodeterminazione e l’affermazione della sovranità sullo scenario mondiale. È necessario cominciare a creare una Rete Internazionale di Mediattivisti della Solidarietà e del Giornalismo Solidale. Sarebbe importante che i capi di Stato e i governi dei paesi progressisti e resistenti all'imperialismo organizzassero dibattiti nei loro incontri al vertice che portassero ad accordi istituzionali contro il terrorismo mediatico. Questi dibattiti potranno essere condotti all'interno di gruppi e blocchi di paesi in base alle loro affinità. Per esempio, nell’Unasur, nell’Alba, nel Movimento dei Paesi Non Allineati, nei BRIC, nell'IBSA, nell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai e così via. Penso che sia necessario anche creare un Forum Internazionale per la lotta al terrorismo mediatico. Iniziative come questa otterrebbero senza dubbio il sostegno di giornalisti, scrittori, intellettuali della comunicazione, esperti, blogger, attivisti. Penso anche che sarebbe necessario creare un pool di agenzie di stampa e di altri media per fornire al pubblico informazioni attendibili. Tutto ciò contribuirebbe a creare le condizioni per lo sviluppo di politiche di comunicazione multilaterali e solidali tra i paesi con affinità e interessi comuni. È inoltre necessario pensare a nuove modalità di insegnamento del giornalismo e promuovere scambi tra professionisti della comunicazione delle istituzioni progressiste. Nella nostra concezione del giornalismo, una pubblicazione, cartacea o virtuale, un sito web, un blog, una rete, sono strumenti di resistenza, di lotta per trasformare il mondo, veicoli di lotta delle idee. Crediamo nel potere mobilitante e trasformatore del Giornalismo solidale, di resistenza e di lotta. Per questa ragione, il Portale Vermelho si sente partecipe di questo movimento di solidarietà e delle sue campagne. FONTE: http://www.zereinaldo.blog.br/index.php/30-a-guerra-midiatica-do-imperialismo-e-do-sionismo
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