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“Che fare?” Cent’anni dopo.

Le proverbiali difficoltà economiche hanno finora impedito la pubblicazione di questi importanti contributi del Convegno sul 70° della scomparsa di Antonio Gramsci, facendola coincidere con le amare riflessioni sui risultati delle elezioni politiche del 13 e 14 aprile.
Secondo il famigerato Piano di Rinascita Democratica di Gelli del 1974, il Governo del paese è direttamente nelle mani del grande capitale finanziario.
La sua ultima tappa è stata favorita dalla suicida vocazione maggioritaria delle illusioni veltroniane che ha diviso L’Unione delle forze democratiche.
Durante la campagna elettorale, soprattutto Walter Veltroni ha costantemente ripetuto che senza crescita dell’economia non vi può essere ridistribuzione, mentre c’è bisogno dell’esatto contrario, in quanto solo un generale aumento dei redditi dei cittadini può dischiudere un futuro di nuovo sviluppo della società contemporanea.
Questa plateale menzogna è smentita dall’enorme produzione attuale della ricchezza (PIL), che equivale ad oltre settemila euro l’anno per ogni abitante della terra, bambini e vecchi compresi, mentre nella sviluppata Italia addirittura a ventisettemila. Inoltre, la quota di PIL andata ai profitti è passata dal 23,1% del 1983 al 31,3% del 2005: 8,2 punti percentuali in più per i padroni e in meno per i lavoratori italiani, equivalenti a 120 miliardi di euro all’anno.

In proposito Marx dice:
Il cittadino Weston ha illustrato la sua teoria, raccontando che se una zuppiera contiene una determinata quantità di minestra, che deve essere mangiata da un determinato numero di persone, un aumento della grandezza dei cucchiai non porterebbe a un aumento della quantità della minestra. Egli mi permetterà di trovare che questa illustrazione è fatta un po’ col cucchiaio. Essa mi ha ricordato l’apologo di cui si è servito Menenio Agrippa. Quando i plebei romani fecero sciopero contro i patrizi romani, il patrizio Agrippa raccontò loro che la pancia patrizia nutre le membra plebee del corpo politico. Agrippa non riuscì però a dimostrare che le membra di un uomo si nutrono quando si riempie la pancia di un altro. Il cittadino Weston ha dimenticato, a sua volta, che la zuppiera nella quale mangiano gli operai è riempita dell’intero prodotto del lavoro nazionale e che ciò che impedisce loro di prenderne di più, non è né la piccolezza della zuppiera, né la scarsità del suo contenuto, ma è soltanto la piccolezza dei loro cucchiai.

Jean Ziegler riporta:
In poco meno di un decennio, il prodotto mondiale lordo è raddoppiato e il volume del commercio mondiale è triplicato…I quattro cavalieri dell’Apocalisse del sottosviluppo, la fame, la sete, le epidemie e la guerra, distruggono ogni anno più uomini, donne e bambini di quanto non abbia fatto in sei anni la Seconda guerra mondiale. Per i popoli del Terzo mondo, la “Terza guerra mondiale” è già in corso.
Ogni giorno sulla terra circa 100 mila persone muoiono di fame o delle sue conseguenze immediate. 826 milioni di persone sono oggi cronicamente e gravemente sottoalimentati; di questi, 34 milioni vivono nei paesi economicamente sviluppati del Nord, mentre la maggioranza, 515 milioni, vive in Asia, dove rappresenta il 24% della popolazione totale. Ma se si considera la proporzione delle vittime, è l’Africa subsahariana a pagare il tributo più pesante: 186 milioni di esseri umani, il 34% della popolazione totale della regione, sono in permanenza gravemente sottoalimentati. La maggior parte di loro soffre di quella che la FAO definisce “fame estrema”, in quanto la loro razione giornaliera è in media 300 calorie al di sotto del regime di sopravvivenza in condizioni sopportabili…….Più di due miliardi di esseri umani vivono in quella che il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNPD) chiama “indigenza assoluta”, senza un reddito fisso, senza un lavoro regolare, senza un alloggio adeguato, senza accesso a cure mediche, cibo sufficiente, acqua potabile, istruzione. I signori del capitale globalizzato esercitano su questi miliardi di persone un diritto di vita e di morte.
Il risultato elettorale è stato condizionato dall’uso  menzognero  dei mezzi di comunicazione di massa, dalla legge elettorale truffa berlusconiana e dalla lunga restaurazione culturale oscurantista, incoraggiata dalla rottura kruscieviana.
Con una legge come quella in vigore, che Berlusconi e Veltroni invece di abolire vorrebbero replicare anche in Europa, Gramsci non sarebbe mai stato deputato (nel 1924 il PCd’I ebbe il 3,8 %) e non sarebbe stato eletto neppure il liberale Giovanni Amendola (opposizione costituzionale, 1,8%).
La lotta delle classi è un processo oggettivo determinato da una molteplicità di fattori ed elementi.
La conoscenza reale di questi fattori che legano fra di loro i diversi fenomeni sociali ci consente di poter intervenire con efficacia sui fenomeni stessi, sia accelerandoli, sia ritardandoli e sia guidandoli verso un fine sociale utile.
Dove c’è assenza di conoscenza, ovvero un vuoto di conoscenza, questo di solito viene riempito con idee fantastiche (come nel caso religioso che introduce l’ente Dio creatore del cosmo), con enti creati ad hoc (come nel caso della scienza medioevale quando introduceva le nozioni di forza riscaldante, forza refrigerante, forza vitale, ecc.).
Quando ai fatti, ancora non conosciuti, vengono sostituite rappresentazioni errate e primitive, allora s’incorre nell’errore che, a sua volta, produce una ideologia totalmente staccata dalla sua base materiale. La correzione di questi errori non avviene mai per merito di singole personalità, ma è un processo storico che interessa l’intera società, e lo sviluppo della pratica sociale in tutti i suoi aspetti. E’ proprio in relazione a quanto sopra affermato che riteniamo inconsistenti tutti quei tentativi volti a definire l’attuale momento politico italiano come dovuto all’azione di singoli politici, eminenti quanto si voglia. Così come riteniamo dovuti ad una insufficienza di conoscenza della realtà sociale gli errori di opportunismo, settarismo, volontarismo, ecc.
L’opportunismo riformista e il trotskismo, apparentemente distanti, in realtà sono due facce della stessa medaglia, indissolubilmente legati da una medesima politica contro la classe operaia: l’opportunismo con una politica di rinunce, cedimenti e di sostegno alle oligarchie borghesi dominanti, il trotskismo con una politica di disarticolazione e isolamento della classe operaia, la cui ultima trovata del Parlamento dei lavoratori ne è una ulteriore testimonianza.
Si tratta invece di indagare quali sono le forze motrici che si celano dietro i motivi, le aspirazioni, i sentimenti che mettono in movimento grandi masse e popoli interi, non per azioni brevi e passeggere, ma per un’azione di grande trasformazione storica.
Una trasformazione storica  universale, tesa ad abolire lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, vive sull’umanesimo scientifico e sulla lotta internazionale del proletariato che il revisionismo moderno ha offuscato e diviso.
L’indebolimento internazionale della cultura e dell’azione del proletariato moderno hanno favorito la restaurazione del pensiero unico e del dominio dell’imperialismo, inaridendo la ricerca, la creatività e le lotte di emancipazione dei popoli.
Il grande capitale finanziario, anche a seguito della fine ingloriosa del nazifascismo, che armò per soffocare nel sangue le conquiste sociali della Rivoluzione d’Ottobre, prende direttamente nelle sue mani le leve fondamentali del potere governativo e statale, sul modello L’État c’est moi di Luigi XIV  per imporre un moderno assolutismo dittatoriale del denaro.

Jean Ziegler dice ancora:
il capitale in circolazione è a sua volta virtuale e attualmente è diciotto volte superiore al valore di tutti i beni e i servizi prodotti in un anno e disponibili sul pianeta (Pil ndr).
Questa enorme circolazione monetaria, di qualche decina di volte superiore a quella fisiologica, ulteriormente gonfiata dagli oltre 500 miliardi di dollari immessi sul mercato, per salvare dal fallimento le maggiori banche statunitensi coinvolte nello scandalo dei mutui derivati, è la causa principale dell’inflazione producendo necessariamente un continuo aumento dei prezzi.
Inoltre essa viene utilizzata per indebitare e strangolare i paesi più poveri e più deboli.
In Italia, le famigerate svalutazioni competitive della lira sono servite a riempire le tasche degli straccioni monopolisti nostrani, attraverso fasulle emissioni di moneta. Un lurido artifizio contabile che ha arricchito alcuni predatori finanziari, ha gonfiato i profitti di qualche Banca ed ha indebitato lo Stato, il cui pagamento degli interessi comprime i servizi sociali. L’unica parte della cosiddetta ricchezza nazionale – dice Marx – che passi effettivamente in possesso collettivo dei popoli moderni è… il loro debito pubblico.
L’irrazionale emissione del denaro, da parte delle banche centrali, al di fuori di ogni seria valutazione economica, fatta sotto il ricatto dei predatori finanziari globali, rovina gli  Stati e rappresenta la causa fondamentale dell’aumento continuo dell’inflazione. Ciò smentisce coloro che vorrebbero addebitare l’aumento dei prezzi all’aumento dei salari, il cui unico e vero effetto, come dice Marx, è la secca diminuzione dei profitti.
In questa temeraria prospettiva restauratrice, nel tentativo di dominare le aperte società della democrazia e del socialismo, i predatori del grande capitale finanziario al potere affidano l’uso del bastone agli scherani in doppio petto della Genova di Bolzaneto e la gestione della carota di massa al governo ombra del vertice veltroniano.
L’odioso accanimento sociale e poliziesco contro i lavoratori stranieri, l’immonda  militarizzazione speculativa del territorio napoletano, la balcanizzazione leghista dell’unità nazionale, la minaccia di abolire le Province, di restringere i consigli comunali e le rappresentanze sindacali, dimostrano come i signori del nero capitale finanziario vogliono opprimere e disarticolare il tessuto civile dell’intera società italiana ed europea per imporre l’incontrastato dominio del denaro.
La normalizzazione del Parlamento e la fascistizzazione del governo saranno utilizzata per stravolgere la Costituzione repubblicana e dividere ulteriormente la classe operaia e le forze democratiche.
Nulla verrà risparmiato per corrompere, calunniare, criminalizzare e colpire rappresentanze combattive dei lavoratori (Rsu), i loro sindacati (Cgil), le associazioni antifasciste e partigiane (Anpi) e per cacciare le forze comuniste e democratiche dalle istituzioni locali, le quali saranno compresse e infeudate di forze reazionarie e collaborazioniste. Ciò non toglie che anche queste forze, in particolare sindacati e partiti, abbiano più di un’autocritica da farsi, per l’allentamento dei loro legami di massa e del rapporto democratico coi lavoratori.
Come dimostra la menzognera e razzista campagna mediatica sulla sicurezza principalmente i Comuni vedranno ridotti i servizi sociali e la partecipazione democratica, mentre subiranno un crescente neopaternalismo caritatevole e clientelare con misure sempre più oppressive e poliziesche.
Occorre costruire un forte sistema delle alleanze democratiche attorno al proletariato per una vasta lotta di massa contro il grande capitale finanziario e il suo governo fascista, battendo le influenze collaborazioniste e sfuggendo alle illusioni isolazioniste trotskiste.
Vaste partecipazioni e mobilitazioni che la geniale creatività delle masse popolari ha già espresso in varie parti e circostanze dell’Europa e dell’Italia, come la famosa lotta internazionale (Belgio, Francia, Portogallo, Slovenia, Spagna, …) degli operai della Renault, la settimana di sciopero generale Contro i Ricchi in Norvegia, le mobilitazioni di massa di Davos, Genova, e Firenze e di Rapolla, Scanzano, Val di Susa e Vicenza, fino all’emblematica esperienza del Coordinamento dei delegati dei lavoratori della Fiat di Melfi che segnò la fine del terzo Governo Berlusconi.
Mobilitazioni che sono mancate nei confronti delle furiose ostilità che il grande capitale finanziario filostatunitense ha principalmente scagliato contro le aperture di politica estera che il Governo Prodi ha via via attuato verso il ruolo indipendente dell’Europa e nei confronti del Medio Oriente, dell’Africa, dell’America Latina e dell’Asia.
Questa carenza è apparsa chiaramente all’indomani della forte Manifestazione di Roma del 20 ottobre 2007, la quale non ha trovato eco e sostegno, almeno da parte dei comunisti e di settori avanzati della classe operaia di altri paesi europei.
Questa mancata e necessaria unità d’azione internazionale ha permesso al grande capitale imperialista filostatunitense di schiacciare definitivamente l’anomalia  europea del centrosinistra italiano e di riportare al governo Berlusconi e le destre neofasciste.
In questa circostanza delicata per le sorti della comunità internazionale, è stato ignorato, appunto, il più importante insegnamento unitario e democratico del compagno Antonio Gramsci: in nessuna tribuna parlamentare europea, compresa quella italiana e quella comunitaria di Strasburgo, i deputati comunisti hanno levato forte e chiara una voce di denuncia contro le mene neofasciste e guerrafondaie del grande capitale finanziario.
Una carenza culturale che ha inibito l’unità d’azione continentale dei comunisti, nonostante le forti energie lavoratrici e democratiche disponibili a vaste partecipazioni e  mobilitazioni di massa contro il neofascismo e il militarismo.

* Noi siamo del parere che queste debolezze della coscienza di classe internazionale dei comunisti e le regressioni culturali che le accompagnano dipendano dalla profonda divisione strutturale ideale, politica e organizzativa, subita dalla classe operaia, a partire dalla metà del secolo scorso.
Le esperienze maturate in questi ultimi decenni di lotta suggeriscono che questa profonda divisione della classe operaia può essere affrontata a condizione di un sincero sforzo di unità d’azione di tutte le forze e i partiti comunisti, sul piano nazionale e internazionale, compresa la compiuta partecipazione di quelli dei paesi socialisti, a cominciare dal Partito Comunista Cinese.
Questa urgente e necessaria unità d’azione comunista, è tornata in forte evidenza proprio nella manifestazione di Roma del 20 ottobre 2007 dove, l’iniziativa congiunta del Pdci e del Prc, ha suscitato una massiccia mobilitazione dei lavoratori e una vasta partecipazione di altri ceti sociali.
La borghesia finanziaria del Pdl berlusconiano e il revisionismo veltroniano hanno potuto spezzare l’unità istituzionale,  per la mancanza di una convinta  unità d’azione comunista.
Sui gruppi dirigenti del Pdci e del Prc, avendo a disposizione condizioni organizzative e materiali di maggiore consistenza, ricade la responsabilità di evitare tentazioni di egemonia e di rivalsa per stringere subito una forte unità d’azione tra i due partiti.
Un’agile unità d’azione che, rispettando le attuali identità, venga estesa anche a quei gruppi comunisti esterni più militanti e a quelli presenti nello stesso Pd, disposti a parteciparvi.
In tutte le sezioni e i circoli del paese, i lavoratori, le donne e i giovani comunisti discutono amareggiati la sconfitta e la cacciata dal Parlamento dei rappresentanti della sinistra.
Noi ci sentiamo profondamente partecipi e responsabili di questa sconfitta e con questa pubblicazione vorremmo tentare di fornire un sentito contributo autocritico.
Sentiamo con piacere tornare a parlare di autocritica e di analisi di classe della realtà sociale: a quei compagni dirigenti che parlano anche di  ritorno alle radici, ci permettiamo di aggiungere che sarebbe più importante fare spazio a quei prodigiosi germogli nel frattempo germinati dalle stesse.
Alla direzione del futuro e unico partito comunista gramsciano, è che opportuno ci siano maggioritariamente giovani lavoratori e ricercatori d’avanguardia della nuova classe operaia.
La scienza, ormai diffusa su tutto il pianeta, con il suo carattere internazionalista, ha legato in un tutto non solo i molteplici Centri di ricerca scientifica mondiale tra loro interdipendenti, ma ha unito anche fisicamente, soprattutto nelle grandi aziende delle società multinazionali operai, fisici, ingegneri, tecnici, giovani ricercatori: tutti ugualmente sfruttati e precari.
Questa nuova realtà produttiva e sociale sedimenta un legame organico di classe di teoria e pratica, i cui nuclei di compagni d’avanguardia saranno parte essenziale dei gruppi dirigenti dei nuovi partiti comunisti.
Nei prossimi impegni congressuali del Pdci e del Prc, insieme agli autori del libro, cercheremo di fornire un contributo culturale per approfondirne la progettualità e l’unità d’azione.
L’influenza del revisionismo moderno nel movimento comunista internazionale, favorita dalla segmentazione della classe operaia, ha inciso sulla coscienza di classe dei comunisti e degli stessi lavoratori.
Una segmentazione che la borghesia finanziaria e il revisionismo hanno realizzato per atomizzare l’organismo sociale, per colpire il ruolo dirigente della classe operaia e il suo pensiero collettivo, per poter dividere i comunisti, per demolire gli stati socialisti, per attaccare lo stato sociale e le libertà democratiche nei paesi capitalistici.
Un disegno realizzato utilizzando la ricerca scientifica e le applicazioni tecnologiche contro il progresso generale della società umana, per restaurare il dominio dell’imperialismo finanziario.
Nella stessa Unione Sovietica, fin dagli anni ’50, a seguito delle famose Proposte Liberman,
tradotte in legge nella Controriforma del 1965, nelle città industriali cominciarono a  fiorire attività e laboratori clandestini, promossi da Direttori corrotti delle fabbriche statali, asserviti ad alti dirigenti amministrativi e finanziari krusceviani.
Le trattazioni di economia politica di Liberman, fondate sulla redditività delle imprese, portarono alla sostituzione della loro direzione, passata dai Soviet (Consigli) nelle mani di onnipotenti Direttori unici, forse più efficienti e preparati, ma anche più corruttibili.
Per consentire il necessario e positivo sviluppo delle forze produttive con la piena affermazione delle energie intellettuali e professionali, bisognava rafforzare il potere collettivo della classe operaia e il conseguente più stretto controllo della circolazione monetaria, appunto per impedire il diffondersi di fenomeni di corruzione che hanno portato al crollo del socialismo e a un nuovo dominio del grande capitale finanziario.
I visitatori attenti dell’Unione Sovietica, constatavano con fastidio la diffusa presenza di cambiavalute clandestini, con le borse piene di rubli nuovi di zecca, che praticavano il cambio ineguale con le monete occidentali.
Una progressiva restaurazione imperialista oscurantista che ha risospinto il movimento operaio e comunista nell’economicismo e nel gretto localismo, offuscando ogni prospettiva di trasformazione rivoluzionaria e di internazionalismo proletario.
Su questo fenomeno nuovo della società moderna, prodotto dal persistere della lotta tra la classe operaia e la borghesia finanziaria nelle nuove condizioni delle società socialiste e democratiche, occorre uno sforzo creativo dell’analisi delle classi.
Alla fine dell’Ottocento e all’inizio del Novecento il revisionismo era un’influenza prevalentemente culturale della borghesia finanziaria imperialista sul movimento operaio e comunista internazionale.
Dopo la Rivoluzione d’Ottobre, la lotta tra il marxismo-leninismo e il revisionismo moderno, con esiti contraddittori, si è svolta essenzialmente sul terreno stesso del movimento operaio e della costruzione del socialismo.
In seguito, con la crescente restaurazione del dominio del grande capitale finanziario, quella che era un’influenza prevalentemente sovrastrutturale sull’aristocrazia operaia e sul sottoproletariato, ha assunto le forme concrete di vere e proprie condizioni di lavoro e di vita, che hanno scomposto in profondità la struttura  stessa della classe operaia e dei suoi alleati.
Queste novità hanno prodotto differenti condizioni di lavoro e di vita che hanno finito per esprimere diverse forze e partiti comunisti con difformi concezioni ideali, politiche e organizzative.
Diversità che non possono essere volontaristicamente superate come fatto finora dai nuovi partiti comunisti: dagli anni ‘60 agli anni ’80 con partiti fortemente ideologici, alquanto staccati dalla realtà; dagli anni ‘90 ad oggi con Rifondazioni più di massa, ma con gruppi dirigenti troppo eclettici e pragmatici.
Questa lotta ormai secolare, con le sue conquiste e le sue sconfitte, sul piano nazionale e internazionale, e le nuove condizioni di vita e i nuovi rapporti economici e sociali hanno determinato una diffusa antropologia comunista scomposta sostanzialmente in due insiemi: uno derivato dalle influenze del revisionismo di destra burocratico e riformista;  l’altro  derivato dalle influenze del revisionismo di sinistra movimentista e trotckista.
Due insiemi che riflettono la strutturale complessità del proletariato moderno: una parte del quale impiegato in lavori più stabili, ma ripetitivi, prevalentemente in aziende medio grandi, l’altra  in condizioni più versatili, ma precarie e sommerse  in imprese piccole e piccolissime.
Per imporre questa sfrenata divisione del lavoro, funzionale alla restaurazione del suo dominio, la borghesia finanziaria internazionale ha artificiosamente gonfiato l’emissione delle monete e la loro circolazione virtuale, attuata prevalentemente in nero.
In queste condizioni di generalizzata illegalità e di regressive ristrutturazioni, ha pescato nel torbido, un ristretto numero di privati speculatori finanziari, accumulando ricchezze stratosferiche al di fuori di ogni controllo pubblico e statale.
Tutto ciò ha spinto fino alle conseguenze più estreme la contraddizione fondamentale del capitalismo, tra il carattere sociale della produzione e l’appropriazione privata da parte dell’ oligarchia finanziaria.
Una appropriazione privata che soffoca l’intera società internazionale e che spinge nel campo delle alleanze del proletariato vasti e crescenti strati di piccola e media borghesia produttiva e democratica per una comune lotta di trasformazione rivoluzionaria della società.

* Il lettore che approfondirà con passione le pagine che seguono, troverà conferma di questa feconda pluralità, così come potrà anche constatare accenti problematici o piuttosto astratti.
Questa vivente realtà, imposta e controllata dal globalismo finanziario, potrà essere superata o positivamente sviluppata da una lotta necessariamente processuale e internazionalista del proletariato verso la ricostruzione di nuovi partiti comunisti.
Nel frattempo, evitando idealistiche scorciatoie, occorre un lungo, costante e crescente processo di unità d’azione dei comunisti.
Orientare e suscitare la lotta operaia e di massa per un lavoro più versatile, vario e diversificato e un salario più adeguato e stabile aiuterebbe l’avvio al superamento delle divisioni più profonde fra i lavoratori e un insediamento più stabile alla loro guida dell’unità d’azione dei comunisti.
Le stesse esperienze delle lotte operaie e di massa più significative,  riportate in queste brevi note, insegnano che occorrono una critica costante e un severo contrasto del revisionismo collaborazionista affinché la funzione di guida dell’unità d’azione dei comunisti possa dispiegare tutta la sua efficacia di massa.
Soprattutto la Manifestazione del 20 ottobre 2007 ha dimostrato che questa necessaria unità d’azione è tanto più efficace, quanto più riesce a coinvolgere anche quelle forme di anarcoriformismo dei comunisti, le quali sono ancora molto diffuse tra gli stessi lavoratori, indotte dall’esasperato decentramento produttivo.
Questa prudenza tattica è basilare per la lotta contro la nera borghesia finanziaria dei Paradisi fiscali (i vari Soros, … e i vari WTO, BM, FMI, …) che soffoca le stesse rimanenti energie produttive del capitalismo, disponibili per una mobilitazione unitaria, principalmente per la difesa della Costituzione antifascista e per la salvaguardia della pace internazionale.
La schiacciante vittoria del referendum e le forti manifestazioni di Vicenza contro la base militare statunitense ricordano che la difesa della Costituzione antifascista e la lotta per la pace saranno decisive per battere la boria di Berlusconi e del nero capitale finanziario.
La progressiva stabilizzazione di questa unità d’azione comunista, la sua lotta  per una nuova unità della classe operaia,  l’acutizzarsi  della crisi finanziaria del capitalismo e il  conseguente crescere di un nuovo internazionalismo operaio e democratico, favoriranno l’approfondimento ideale, politico e organizzativo che potrà sfociare nella ricostruzione di partiti comunisti gramsciani internazionali, principalmente nelle aree imperialiste come quella centroeuropea.
Essendo già stata raggiunta la separazione dal revisionismo di destra (Pd veltroniano) e da quello di sinistra (Pcl trotckista), questo processo, né meccanico né volontaristico, finirà per superare anche il neorevisionismo anarcoriformista.
Uno sviluppo storico della struttura plurinazionale del nuovo partito comunista e della  concreta razionalità scientifica di classe propria dei decisivi nuclei di militanti lavoratori e ricercatori dell’area imperialista continentale.
D’altra parte, il neorevisionismo anarcoriformista è un prodotto dell’irrazionale divisione internazionale del lavoro imposta dalla sete di dominio mondiale dell’imperialismo finanziario, che verrà superata dalle nuove società della democrazia e del socialismo.
Il neorevisionismo è sorto principalmente sul terreno della costruzione del socialismo, dove la lotta tra la classe operaia e la borghesia finanziaria diviene più organica e più acuta: esso ha costantemente proclamato posizioni di sinistra, attuando in realtà pratiche di destra nei momenti di qualitative rotture rivoluzionarie necessarie a potenziare il potere della classe operaia, mentre ha finto posizioni di destra attuando pratiche di sinistra nei periodi di progressiva stabilizzazione evolutiva della nuova società.
Eclettismo teorico e pragmatismo politico, matrici del Partito di lotta e di governo, organizzativamente amorfo tra centralismo burocratico e democraticismo assembleare, tra leaderismo e correntismo, tra protagonismo e codismo movimentista, si sono rivelati opportunistiche doppiezze neorevisioniste che hanno minato la guida autorevole dei dirigenti e dei partiti comunisti, basata sulle concezioni scientifiche di classe del marxismo-leninismo creativo.
Queste riflessioni preliminari da approfondire nel confronto internazionalista, consigliano uno sviluppo dell’ unità d’azione dei comunisti e una complessa critica del neorevisionismo verso  la ricostruzione di un forte e unico partito gramsciano dell’area imperialista centroeuropea.
Questo processuale approfondimento ideale, politico ed organizzativo, organico alla storia del movimento comunista internazionale, conferma che i nuovi partiti della classe operaia nascono dai vecchi.
Intellettuale collettivo, di classe e di massa, dell’approfondimento creativo del marxismo-leninismo gramsciano, con un concreto programma europeo di trasformazione sociale di breve e lungo termine, un’unica direzione centrale di capitani di classe, un’osmotica struttura intermedia tendenzialmente duale (di classe e di massa) e una capillare presenza periferica di massa di sezioni, circoli, comitati, associazioni e cellule nei territori e nei luoghi di lavoro.
Un Partito internazionale gramsciano, diretto dalla classe operaia, per l’edificazione del nuovo Stato continentale articolato sulla centralità del lavoro e della ricerca, pilastri della società contemporanea.

 

18 maggio 2008.                                                                           Presidenza del Centro Gramsci

A. Gramsci, Quaderni del carcere, Noterelle sul Macchiavelli, Einaudi, Torino 1975

Ibidem

1. Karl Marx, Salario e profitto, Editori Ruiniti Roma 1977.
2. Jean Ziegler, La privatizzazione del mondo, Marco Tropea Milano 2003.
3. Grigor’evic Liberman, Struttura dell’equilibrio di un’impresa, Charkov 1948; Mezzi per aumentare la redditività delle imprese socialiste, Charkov 1956.
4. Antonio Gramsci, Note sul Machiavelli sulla politica e sullo stato, Einaudi 1966, pag. 23-25.

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