Il grande sciopero dei lavoratori francesi
Riceviamo e pubblichiamo questo importante documento che illustra dettagliatamente il grande sciopero dei lavoratori francesi impegnati a respingere le controriforme di Macron, E’ una chiara foto dell’attuale sviluppo della lotta di classe in Francia e in Europa.
Cari compagni italiani,
siamo lavoratori italiani che vivono in Francia. Siamo militanti del sindacato di classe francese, CGT, la Confédération Générale du Travail.
Da oltre un mese, dal 5 Dicembre, ci sono mobilitazioni e scioperi contro la riforma delle pensioni del Governo Macron. Oltre un mese in cui i trasporti sono bloccati, in cui lavoratori dormono al fuoco dei copertoni nei depositi degli autobus, nelle centrali elettriche, nelle raffinerie, nei porti. Ma anche un mese in cui si sono mobilitati lavoratori che non lo avevano mai fatto prima: gli avvocati sono in sciopero, con il loro sindacato e sostenuti da tutto l’ordine; i lavoratori della cultura, che hanno bloccato i teatri e che si esibiscono gratuitamente in strada a sostegno del loro sciopero e di quello di tutti gli altri settori. Ma anche scuole, poste, ospedali, in mobilitazione da oltre un anno. O le lavoratrici a cottimo degli hotel, che scioperano da oltre sei mesi.
Tutto questo non è ovviamente solo uno sciopero contro una delle tante contro riforme delle pensioni. E’ una tenace resistenza contro la cancellazione del progetto di società uscito dalla Resistenza al nazismo, che prevedeva per tutti un sistema di protezione sociale che permettesse una vita sicura, lontano da povertà economica e culturale, da fame, angoscia e paura.
Quello a cui assistiamo non è solo uno sciopero. E’ uno sconvolgimento totale della società, un evento che cambia la propria vita e che segnerà il futuro sociale di questo paese. E’ uno sciopero tra i più lunghi, più lungo di quello del 1995, che bloccò la Francia, più lungo di quello del ‘68, forse la più grande mobilitazione dei lavoratori in Europa da quella dei minatori contro la Tatcher. E’ la prima grande risposta dei lavoratori europei alla crisi cominciata 10 anni fa.
Nonostante i disagi, tutti i sondaggi continuano a mostrare un grande sostegno agli scioperi. Anche i sondaggi fatti con domande talmente contorte pur di suggerire la risposta giusta, falliscono e mostrano percentuali ben oltre il 50% a favore degli scioperanti. La partecipazione agli scioperi, dopo la pausa natalizia, è ricominciata ed è fortissima, giovedì eravamo oltre un milione e settecento mila. Una pausa natalizia che non c’è stata per tutti quei lavoratori che da oltre un mese scioperano ad oltranza e che non hanno fatto alcun Natale e alcun Capodanno e che non hanno ricevuto nulla come stipendio a Dicembre e che non riceveranno nulla neanche a Gennaio. Due mesi senza stipendio, niente regali per i figli, niente cenone. La tredicesima è servita a partecipare allo sciopero e alcuni hanno fatto debiti per continuare a resistere.
La solidarietà è stata forte, a dimostrazione del sostegno che hanno questi eroici lavoratori. La cassa nazionale di sostegno allo sciopero è arrivata in un mese a oltre due milioni di euro, e altre casse locali sono state create a sostegno dei lavoratori, come quella di Parigi che ha raggiunto in pochi giorni i 100’000 euro. Questi soldi non sono stati donati da chissà chi. Sono stati donati da persone come noi, che arrivano a fine mese e basta, da mamme single, da anziani con la pensione sociale, da disoccupati, da interinali, da lavoratori immigrati, dai fattorini e da tantissimi che hanno dato quanto potevano per sostenere chi sta lottando anche per loro. Si tratta di piccole donazioni, di 10 o venti euro, di 5 euro, a volte anche di uno solo.
Per noi, quali militanti sindacali, ha significato vivere qualcosa che non avevamo mai conosciuto in Italia e che marcherà la nostra vita politica e personale. Significa una mobilitazione continua, per organizzare gli scioperi nelle nostre aziende, ma anche per sostenere chi fa uno sciopero ad oltranza come nei trasporti e nelle ferrovie. Significa dimenticare ogni altra cosa e partecipare e vivere e contribuire a un grande momento di solidarietà e resistenza. Di quelli che in Italia non vediamo da decenni e che avevamo ascoltato solo dai racconti dei nostri genitori e dei nostri nonni.
Cari compagni italiani, già un mese fa scrivemmo una lettera a tutti voi, chiedendo solidarietà. Questa nuova lettera non la firmeremo, come l’altra, con la sigla del partito a cui apparteniamo. E non la tradurremo, come abbiamo fatto per l’altra, perché vogliamo che resti tra noi, che non giri sulla rete.
In questo mese, tramite i social e qualsiasi altro mezzo a nostra disposizione, abbiamo fatto quanto avevamo promesso: abbiamo passato le giornate a condividere quanto avveniva qui. Foto, video, articoli di giornale, le nostre esperienze. Lo abbiamo fatto di nascosto durante il lavoro, rischiando il licenziamento. Lo abbiamo fatto in diretta, dalle manifestazioni a cui partecipavamo. Lo abbiamo fatto perché volevamo dare speranza ai nostri compagni italiani, che vivono in una situazione sociale estremamente difficile. Le notizie che vi inviavamo, speravamo potessero sollevarvi, rincuorarvi. Speravamo e volevamo che diventassero una bandiera da sventolare, per dare una speranza a quanti vi sono vicini, per spronare sindacalisti pigri, per mobilitare partiti spesso ripiegati su se stessi e privi di spirito militante. Ci aspettavamo anche una solidarietà da portare ai nostri compagni francesi che lottano con noi. Per non sentici soli, per non farli sentire soli. Avevamo chiesto piccole donazioni di sostegno, anche solo un euro. O una lettera di vicinanza da scrivere alla CGT, e ci siamo resi disponibili a tradurla se necessario. O una manifestazione all’ambasciata francese, una foto con i propri compagni di sindacato, una cena di sostegno fatta dal proprio partito, associazione o circolo. Eravamo pronti a mettere tutto quel che potevamo per aiutare a risollevare un po’ la situazione italiana.
In verità, dopo un mese, ci sentiamo più soli di prima. L’unica cosa che è arrivata è stato un magro comunicato della CGIL nazionale il 5 dicembre, primo giorno di sciopero. Poi più nulla. Abbiamo cercato su tutte le pagine della confederazione, dei suoi mezzi di comunicazione, sui social, nelle pagine delle correnti interne. Non c’è nulla. Come se non esistessimo. Come se questi lavoratori non ci fossero. Un comunicato e null’altro. E la situazione non cambia per i sindacati di base. La cosa è ancora più sconfortante per i partiti e i movimenti italiani.
Quando abbiamo provato a sollecitare alcuni compagni italiani, invitandoli a sostenere gli scioperi, a fare circolare le notizie, ci siamo scontrati con una passività totale. Una passività stridente con tutto quanto stiamo vivendo qui. Nonostante quanto abbiamo fatto in un mese per cercare di fare circolare le notizie, i video e le foto, nulla è arrivato in Italia. Non ha suscitato nulla, e tutti hanno continuato a dibattere delle solite cretinate come i diti medi a Salvini o della famiglia reale inglese. E’ prioritario dibattere se Craxi era un ladro o uno statista rispetto al sostegno a lavoratori che scioperano da oltre un mese?
Molti hanno ripreso per ben due volte una falsa notizia Ansa per cui gli scioperi sarebbero finiti perché il governo rinunciava ad alzare l’età della pensione. La notizia circolò una prima volta a dicembre e di nuovo sabato scorso. Falsa nei due casi e a nulla è valso il nostro impegno per smentirla. Domani si sciopera di nuovo, ma questo è incomprensibile in Italia, talmente siamo abituati alle capitolazioni senza combattere.
La vera risposta sarebbe stata uno sciopero di solidarietà. Ma conosciamo la situazione italiana. Sappiamo che non ci sono le condizioni per questo oggi. Ma, come detto, oggi ci sentiamo soli, molto più soli, perché privati non solo del sostegno di tanti lavoratori italiani, ma perché privati della speranza che in Italia ci possa essere un cambiamento a breve e che questo possa partire da sinistra.
Noi continueremo a fare il nostro lavoro, quello di italiani militanti sindacali e politici in Francia. Continueremo a partecipare e organizzare le mobilitazioni e gli scioperi e continueremo a informare chi è rimasto in Italia su quanto avviene qui. Non possiamo fare altro, è tutto quello che possiamo fare. Questa lettera è un ulteriore appello nella speranza che quanto facciamo, che quanto avviene
qui, possa aiutare i compagni italiani a uscire dalla situazione in cui si trovano. Che possa mostrare che in un paese non troppo diverso, a pochi chilometri dall’Italia, tutto quanto stiamo mostrando è possibile, e che quindi anche in Italia ci si può riprovare. Altrimenti continuerà il teatrino tra Salvini e le sardine, tra la Meloni e Zingaretti.
Concludiamo questa lettera con lo slogan che viene intonato a tutte le manifestazioni. Lo facciamo perché pensiamo che rappresenti bene quello che sta avvenendo qui. Perché fa capire cosa muove un semplice lavoratore a rinunciare alle feste, ai figli, allo stipendio, al voler resistere un minuto in più del governo e dei padroni. E se pensate che tutto questo avvenga per 10 euro di pensione in più tra vent’anni vi sbagliate di grosso:
“On est là, on est là ! Même si Macron ne le veut pas, nous on est là ! Pour l’honneur des travailleurs et pour un monde meilleur ! Même si Macron ne le veut pas, nous on est là !”
[Noi ci siam! Noi ci siam! Anche se Macron non vuole, noi siam qui! Per l’onore dei lavoratori e per un mondo migliore, anche se Macron non vuole, noi ci siam, noi siam qui!]
Lorenzo e Alberto