IN DIFESA DELLA LOTTA DEL POPOLO PALESTINESE di Piero De Sanctis
Vanno avanti, con l’appoggio dell’imperialismo americano, i piani di annientamento del popolo palestinese. Tutta la stampa benpensante italiana si è schierata con gli aggressori israeliani. Truppe israeliane si sono già posizionate attorno a Gaza pronti ad invaderla. Sono in stato d’allerta anche l’aviazione e la marina militari. Tutti i giornalisti della grande stampa ci dovrebbero spiegare (nonostante i bombardamenti intensi palestinesi su Tel Aviv, 1600 razzi in un giorno, secondo “Il Fatto Quotidiano”), come sia possibile che ci siano stati, nei soli primi 4 giorni di guerra, dall’11 al 14 maggio, 132 morti palestinesi e solo 8 morti israeliani. Ciò significa che per ogni morto israeliano ci sono stati 17 morti palestinesi, cioè in un rapporto da 1 a 17, dato purtroppo destinato a crescere. I nazisti si accontentarono di un rapporto da 1 a 10. Ma i fatti hanno la testa dura. In realtà noi vediamo sui teleschermi interi quartieri di Gaza distrutti, le case dei villaggi palestinesi a nord, verso il confine, sono state devastate e ridotte ancora una volta in macerie. Il giorno 14, in un minuto, l’aviazione e l’artiglieria israeliana hanno eseguito uno dei più pesanti bombardamenti mai fatti contro i palestinesi, dove 160 caccia bombardieri hanno sganciato 150 missili. Noi vediamo Navi da guerra israeliane schierate sul Mar Mediterraneo, carri armati e caccia bombardieri di ultima generazione, il tutto fornito dagli Stati Uniti, pronti per l’invasione non appena verrà creato ad hoc il casus belli.
Nella lunga e tormentata vicenda di questo eroico popolo, cacciato con la violenza dalle proprie terre dove ha vissuto per secoli, spogliato di ogni bene e messi in campi di concentramento chiamati tendopoli, c’è stata soltanto una breve primavera, agli inizi degli anni ’90, dovuta ad una concomitanza di fatti politici internazionali positivi. Salito al potere Yitzhak Rabin, primo ministro del governo israeliano, convinto assertore della teoria dei due Stati, firmò nel 1993 gli Accordi di Oslo con i palestinesi, che prevedevano da parte di Israele che l’OLP fosse il rappresentante del popolo palestinese e da parte dell’OLP il riconoscimento a Israele del diritto di esistere. Per questo, sia il primo ministro Rabin e il suo ministro degli esteri Shimon Peres e Yasser Arafat, ricevettero nel1994 il premio Nobel per la Pace, per quella che fu considerata una svolta storica nel conflitto israeliano-palestinese. Rabin fu assassinato, così come è avvenuto per tanti altri presidenti democratici del mondo capitalistico occidentale, il 4 novembre del 1995 dopo aver preso parte ad un comizio in difesa della pace.
Ma lo Stato di Israele non era nato come Stato democratico per dare una patria alla diaspora degli ebrei e per il rispetto dei diritti politici e civili dei palestinesi. No! Esso fu solo una testa di ponte per la difesa degli interessi politici, economici, militari e per il dominio sui popoli arabi da parte degli americani. Non a caso a caldeggiare inizialmente questa ipotesi di un focolare nazionale, con il concorso determinante del governo inglese, fu il più grande speculatore, usuraio, plurimiliardario che la storia conosca: l’ebreo Rothschild. In una lettera del Ministro degli Affari Esteri del governo inglese, datata 2 novembre 1917, in risposta alle richieste del miliardario così si legge: « Caro Lord Rothschild, sono molto lieto di inviarLe da parte del governo di sua Maestà la seguente dichiarazione di simpatia per le aspirazioni degli Ebrei sionisti, che è stata sottoposta ed approvata dal Gabinetto. Il Governo di Sua Maestà vede con favore lo stabilirsi in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico ed userà i suoi migliori uffici per facilitare il conseguimento di questo obiettivo……». La lettera porta la firma del Ministro degli Esteri britannico Arthur James Balfour.
Questa lettera è stata il nucleo originario di una delle più terribili aggressioni computa dai sionisti e dagli imperialisti contro la Palestina nel corso di un secolo. Una terra incontestabilmente araba, dove gli arabi hanno abitato da almeno 1300 anni e, dove hanno posseduto legittimamente terre e case. Questa aggressione ha portato e porta infiniti lutti, tragedie e una minaccia alla pace mondiale. Ha portato e porta la spogliazione del popolo palestinese di tutti i suoi diritti civili e politici, traformandolo così in un popolo di profughi dispersi. La storia di questa lettera-dichiarazione, sopra riportata, cominciò alla fine dell’Ottocento, allorché un gruppo di ebrei fanatici diede vita ad un movimento che chiamò “sionismo”, con l’obiettivo di invadere la Palestina e crearvi uno Stato su basi di nazionalismo religioso e di discriminazione razziale. Questo obiettivo fu poi raggiunto al primo congresso sionista tenuto a Basilea nel 1897. Ma nel 1917, al contrario di quanto afferma la vulgata dei mezzi di grande informazione, più del 90% della popolazione palestinese era araba, mentre gli ebrei non superavano i 56.000 e, che il 97,5% dei palestinesi, era proprietaria di terre.
Conformemente alla Dichiarazione Balfour, la Palestina fu affidata alla Gran Bretagna come mandato fiduciario, in vista della sua indipendenza. Ma nei trent’anni di regime di occupazione britannico, dal ‘17 al 1948, anno di proclamazione dello Stato di Israele, il governo inglese favorì che due milioni di ebrei, piovuti da tutte le parti del mondo si aggiungessero ai nuclei ebraici preesistenti, occupando l’80% di tutto il suolo palestinese, nonostante la decisa opposizione del popolo arabo. Il 14 maggio 1948 poche ore prima della scadenza del mandato sulla Palestina, fu proclamato lo Stato di Israele da parte del loro leader Ben Gurion. Stato che riconobbe pienezza di diritti solo ai cittadini di stirpe e di religione ebraica. Ciò provocò l’abbandono di quelle terre a circa un milione di Arabo-Palestinesi che, andarono incontro ad una vita miserabile nei campi profughi. Dal 1949 al 1951 Israele ricevette dagli Usa 822 milioni di dollari – soprattutto dalle organizzazioni sionistiche- pari al 40% del suo Pil. L’aiuto americano consentì ad Israele, negli anni 1952 – 1955, di incrementare notevolmente il suo potenziale bellico e le sue capacità aggressive. Sotto il manto dell’«armonia di classe» e di un «socialismo sionista», che avrebbero caratterizzato la società israeliana, in realtà si nascondeva una società capitalistica divisa in classi antagoniste, come dimostrarono, negli anni 1951-1954, i molti scioperi degli operai israeliani al grido di «Pane, lavoro e pace» e lo scatenamento di campagne di terrore poliziesco contro il Partito comunista di Israele.
Gli esuli palestinesi costituirono nel 1956 un movimento di liberazione della Palestina denominato al-Fatah. Successivamente, nel 1969, al-Fatah dette vita, con altre forze di resistenza, all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP). La storia successiva di questo conflitto asimmetrico non è altro che il prolungamento di questa stessa storia, sotto mutate condizione internazionali. Ma rimane pur sempre una storia di aggressioni, di conquista di territori altrui, di stragi efferate come quella di Sabra e Shatila del 18 settembre 1982, dove furono massacrate dai 2.000 ai 3.500 profughi palestinesi inermi, imitando la strage nazista del 12 agosto 1944 di Sant’Anna di Stazzema.
Questo semplice schizzo del corso degli avvenimenti storici che caratterizzano l’origine della formazione dello Stato di Israele, esula dal prendere in considerazione le diverse teorie religiose che si sono ivi contrapposte, a volte in maniera determinante, nelle diverse fasi della lotta, poiché non costituiscono le vere ragioni di questa lotta di classe. L’eufemismo del focolare nazionale in realtà nasconde il fatto che si è trattato della creazione, scientificamente studiata a tavolino tra il governo americano e quello inglese, a suon di miliardi, di un nuovo Stato militarmente organizzato, inserito in un’area araba, per il controllo, da parte dell’imperialismo statunitense, degli Stati arabi del Medio Oriente e dall’Africa Mediterranea.
Ma, come diceva Mao Tse-tung, i reazionari, in definitiva, sono degli sciocchi perché alzano una pietra e poi se lasciano cadere sui piedi. Incendiare ancora una volta la Palestina, come diversivo, perché il governo Netanyahu si è cacciato in un vicolo cieco e non riesce a formare un governo, sta producendo, sia all’interno di Israele che in tutto il mondo arabo ed in Europa, grandi manifestazioni di appoggio e di solidarietà per la lotta di liberazione del popolo palestinese.
Teramo 15 maggio 2021