Riflessioni schematiche sul disegno di legge Calderoli relativo alla autonomia differenziata
In avvio una considerazione preliminare sulla riforma del titolo V, criticabile in assoluto, ma che si colloca dentro il più ampio e generale principio di unità di cui all’art. 5 della Costituzione. Il rapporto tra unità e differenziazione è concepito in aderenza al principio di uguaglianza, disposto dall’art. 3 della Costituzione ed in linea con la prospettiva solidaristica, fondante dell’intero quadro costituzionale.
In buona sostanza, la riforma del titolo V perseguiva il disegno di un modello di regionalismo solidaristico. L’art. 116, comma 3, posto a fondamento della riforma Calderoli, va letto, dunque, con la chiave dell’affermazione del solidarismo come principio fondante: la prospettiva dell’uguaglianza non deve far disconoscere l’esistenza di differenze fra i territori del Paese. Le norme costituzionali sugli obblighi perequativi verso le regioni con minori capacità fiscali (art. 119); quelle relative alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, come livelli minimi di prestazioni da erogare in modo uniforme sull’intero territorio nazionale (art. 117), sono l’ulteriore conferma di come l’intero impianto costituzionale sia orientato, da un lato, a riconoscere le differenze fra i territori; dall’altro, ad assicurare uniformità nel Paese. Tuttavia, nonostante il legislatore costituzionale si sia preoccupato di disporre strumenti per assicurare livelli minimi di prestazione relativi alle materie di cui all’art. 117, differenze, ad esempio nella sanità, qualitative e quantitative rilevanti continuano a sussistere fra le varie regioni.
La proposta Calderoli, in uno scenario nel quale il regionalismo solidaristico è solamente affermato ma ancora non attuato, si caratterizza per tutta la sua pericolosità.
I principi di uniformità ed uguaglianza verrebbero definitivamente violati: le regioni più ricche e potenti sarebbero notevolmente avvantaggiate a scapito delle regioni economicamente più deboli.
Il Parlamento è ridotto ad una posizione residuale, marginale, di mero ratificatore di intese raggiunte solo dagli esecutivi (Governo e Giunte regionali).
Gli stessi livelli essenziali delle prestazioni, assunte a parametro e garanzia del regionalismo solidaristico, nella riforma Calderoli vengono clamorosamente elusi, potendo le intese medesime essere raggiunte anche in assenza della loro determinazione. La riforma Calderoli, dunque, mina in maniera pericolosa, il processo di costruzione pluralista dell’unità politica del Paese, orientata a perseguire interessi generali. Quello che emerge con chiarezza è che i principi di unità e uguaglianza sono sacrificati a vantaggio delle richieste di maggiore autonomia avanzate dalle regioni più ricche.
In ultima istanza, con tale scellerata riforma dell’autonomia differenziata, l’unità e la indivisibilità della Repubblica sono messe fortemente a rischio.