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I L   C O N C E T T O   D I   E G E M O N I A   I N   G R A M S C I di Piero De Sanctis

Inopinatamente riappare in questi giorni, su alcuni giornali nazionali e sui social, da parte di storici e filosofi, il pensiero di Antonio Gramsci, fondatore del Partito comunista d’Italia, condannato a più di venti anni di carcere dal Tribunale Speciale fascista, solo perché un comunista.

L’occasione è data dal Convegno romano di queste ultime settimane organizzato dai fascisti dal titolo: Pensare l’immaginario italiano. Stati generali della cultura nazionale, con la partecipazione del ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano, durante il Convegno, sembrerebbe, che il nome più citato dagli oratori presenti sia stato quello di Antonio Gramsci quale autore del concetto di Egemonia. A completamento del Convegno la casa editrice Historia presenta un’antologia degli scritti di Gramsci relativi al suo concetto di egemonia.

Certo posiamo solo immaginare cosa abbiano detto questi sicofanti del potere. L’attuale governo di Giorgia Meloni (nomen omen), composto da una caterva di scellerati fascisti, guidata dall’aristocrazia finanziaria della Bce e di Wall Street, non è altro che una cricca per l’ulteriore sfruttamento del lavoro operaio e di tutti i lavoratori. Essa si è impadronita del potere, detta leggi, guida l’amministrazione dello Stato, si è costruita un suo apparato giudiziario e domina la pubblica opinione attraverso la stampa. Questo è il suo concetto di egemonia: un dominio poliziesco di sfruttamento su tutto il popolo e su chiunque osi criticarlo.

Il Centro Gramsci di Educazione, nel denunciare tanta impostura da parte del governo Meloni nel suo convegno romano, quando vuole ridurre lo splendido e rivoluzionario concetto di egemonia di Gramsci a utile strumento, goffamente astuto, di propaganda politica, sia un tentativo di patetica farsa culturale miseramente fallito. Di fronte a questo ennesimo scempio del pensiero di Gramsci è utile ricordare che il Centro Gramsci di Educazione pubblicò, nel giugno 2018, un libro dal titolo: L’Egemonia del Socialismo, nel quale vennero raccolti sia gli scritti giovanili di Gramsci, che molti passi dei Quaderni del carcere, riguardanti il concetto di egemonia.

La prima radice di tale concetto coincide con la nascita del movimento operaio europeo, allorquando questo si presentò sulla ribalta della scena politica, reclamando il potere durante le lotte del popolo parigino del 23 febbraio 1848, il cui significato profondo – dice Marx – fu il tentativo «di rovesciamento dello Stato borghese». Il governo provvisorio che si insediò, formato da repubblicani democratici, radicali e operai, proclamò subito diritto al lavoro, democrazia politica e sociale, suffragio universale, officine statali sovvenzionati dallo stato, riduzione della giornata lavorativa dalle 12 ore a 10, l’imposta progressiva sul reddito. Richieste che a distanza di 175 anni sono ancora attuali.

Ecco, dunque, un primo esempio di egemonia, dal quale emerge il suo significato più autentico: unità dialettica tra la struttura produttiva e la sovrastruttura culturale e politica delle alleanze. Non a caso Gramsci scrive nella Questione meridionale: «Il proletariato può diventare classe dirigente e dominante nella misura in cui riesce a creare un sistema di alleanze di classi che gli permetta di mobilitare contro il capitalismo e lo Stato borghese la maggioranza della popolazione lavoratrice».

Se la disfatta della rivoluzione del febbraio e del giugno del 1848 mise in chiara luce sia la incapacità teorica della classe operaia di elevarsi al di sopra dei meri compiti pratici, che i tradimenti del partito dei repubblicani democratici, nondimeno al proletariato apparve chiaramente che esso stesso fosse la fonte principale della ricchezza materiale della nazione: senza il lavoro salariato non c’è né capitale, né borghesia, né società borghese. Rimaneva, ancora aperta, la questione dell’origine del profitto e dell’immediato arricchimento del capitalista.

Attraverso un lavoro teorico immenso, che si estese per un lungo periodo a partire dal 1850, Marx scoprì che la fonte dell’arricchimento del capitalista è il lavoro non pagato prestato dall’operaio al capitalista. Marx lo chiamò pluslavoro o plusvalore. Marx mostrò per la prima volta come abbia origine il profitto e come vada a finire nelle tasche dei capitalisti.

Fu una scoperta fondamentale di portata immensa, che dischiuse nuovi orizzonti di conoscenza scientifica, trasformando la vaga nozione di socialismo, in scienza del socialismo. La rivoluzionaria scoperta del plusvalore nella scienza economica è paragonabile, nella fisica teorica, alla scoperta del principio della costante velocità della luce nell’universo, fondamento della teoria della relatività di Einstein.

Ma il rapporto struttura-sovrastruttura – dice Gramsci – non è un rapporto assoluto, ma un processo storico in continua trasformazione, poiché in esso si concentrano da una parte, per quanto riguarda la struttura economica, le due contraddizioni fondamentali della società borghese, il lavoro collettivo e l’appropriazione privata del plusvalore e, dall’altra, per quanto riguarda la sovrastruttura, l’intreccio di differenti egemonie politiche e culturali. L’elemento che collega la struttura alla sovrastruttura – dice Gramsci in Note su Machiavelli – è il partito politico «che generalizza nel campo nazionale, che fa diventare efficiente e potente un insieme di forze che lasciate a sé contano zero o poco più; questo elemento è dotato di forza altamente coesiva, centralizzatrice e disciplinatrice». Il partito politico si costruisce dall’alto verso il basso, non viceversa.

L’egemonia, pertanto, non è un fatto esclusivamente di lotta politico-economica, ma è anche un fatto culturale, morale e di conoscenza del mondo. Di qui la necessità, per Gramsci, di indagare a fondo la sovrastruttura. È in tale analisi che Gramsci apporta il suo originale contributo, dando il massimo rilievo al momento ideale, culturale, critico e al soggetto rivoluzionario, cioè alla coscienza. Di qui la diffusione delle conquiste culturali e della storia rivoluzionaria del proletariato mondiale.

L’egemonia, dunque, tende a costruire un blocco storico di forze diverse e contraddittorie, le quali altro non sono che il riflesso delle contraddizioni reali esistenti all’interno della struttura produttiva. Le periodiche crisi economico-sociali capitalistiche che affliggono e distruggono intere nazioni, affamando interi popoli, sono viste da Gramsci come crisi globali della struttura e della sovrastruttura, nella globalità del processo sociale. La classe operaia può diventare, a sua volta, classe dirigente quando sa indicare concretamente la soluzione dei problemi, con una sua concezione del mondo che unifica lo schieramento di forze intorno a sé stessa. Questa è, in estrema sintesi, la concezione gramsciana della conquista della Egemonia.

Teramo 25 aprile 2023

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