SUL SIONISMO DELLO STATO DI ISTRAELE di Piero De Sanctis
Continuano, da oltre un mese, i criminali bombardamenti sulla popolazione civile di Gaza da parte del governo fascista di Netanyahu. L’imperialismo israeliano (nato e sostenuto dall’imperialismo americano che ha trasformato questo Stato in una fortezza militare, dotato delle armi più moderne e sofisticate, fino all’arma atomica), non aspettava altro che l’occasione storica favorevole per distruggere totalmente il popolo palestinese e incendiare ed aggredire i popoli mediorientali, fino ai confini con la Russia. Esso, all’uopo, ha assunto il sembiante del sionismo, quale totale espressione politica dello Stato di Israele, e compimento della storia ebraica.
Secondo i sionisti le rivendicazioni della Palestina, da parte degli ebrei, trovano fondamento nella Bibbia. Questa, fa cominciare la storia ebraica intorno al secolo XIX a.C., e successivamente con Abramo, il quale viveva in Mesopotamia meridionale e ricevette da Dio l’ordine di andare in Palestina. Era il II millennio a.C. Qui la moglie Sara gli dette un figlio, Isacco. Da Isacco nacque Giacobbe, detto anche Israele, considerato capostipite del popolo ebraico (figli di Israele), i suoi 12 figli sono capostipiti delle 12 tribù. Ai tempi di Giacobbe risale la migrazione degli ebrei in Egitto, dispersi e senza capo, intorno al secolo XVIII a.C. Dopo circa due secoli seguirono i regni di Saul, David e Salomone. Tuttavia, come attestano i più importanti testi di storia antica, il racconto biblico suscita molte perplessità e presenta molte lacune circa il confronto con le altre fonti letterarie ed epigrafiche, e con la documentazione archeologica.
Nell’età moderna il termine sionista designa il movimento culturale e politico ebraico, sorto verso la metà dell’Ottocento, mirante alla riappropriazione della terra di Israele come elemento di identità del popolo ebraico. Ma le modalità di questa riappropriazione furono oggetto di lunghi e tormentati dibattiti che si collocarono sullo sfondo più generale delle teorie romantiche e del risveglio delle nazionalità e dei nazionalismi europei. E se l’esaltazione contemporanea di Israele termina con l’esaltazione del sionismo, anche il popolo palestinese prende coscienza di sé nella lotta per l’indipendenza nazionale e per la creazione di uno Stato nazionale palestinese.
A riproporre il problema ebraico, nella prima metà dell’Ottocento, fu l’intellettuale Moses Hess (1812-1875), inizialmente amico e collaboratore di Karl Marx, divisosi in seguito da Marx per profonde diversità di vedute relative alla Questione Ebraica. Per Marx la questione ebraica è essenzialmente la questione della emancipazione degli ebrei dalla religione, la quale è subordinata alla loro emancipazione politica, e questa, all’emancipazione del genere umano. «L’emancipazione politica –riassume Marx – è la riduzione dell’uomo, da una parte, a membro della società civile, dall’altra al cittadino dello Stato, alla persona morale. Soltanto quando l’uomo concreto, individuale, riprenda in sé l’astratto cittadino dello Stato, e in quanto uomo individuale nella sua vita empirica, nel suo lavoro individuale, nelle sue relazioni individuali, sia divenuto essere appartenente alla specie, soltanto quando l’uomo abbia riconosciuto e organizzato, le proprie forze come forze sociali, e quindi non separi più da sé la forza sociale come forma di forza politica, sarà finalmente compiuta l’emancipazione umana».
Nel suo magnifico opuscolo, la Questione Ebraica, dell’autunno del 1843, il venticinquenne Marx, scrive: «L’emancipazione politica dell’ebreo, del cristiano, dell’uomo religioso in generale, è l’emancipazione dello Stato dal giudaismo, dal cristianesimo, dalla religione in generale». L’uomo fa la religione, non la religione l’uomo. Partendo da questo assunto fondamentale, compito della storia è quello di ristabilire la verità. E allora la critica del cielo – dice Marx – si tramuta nella critica della terra, la critica della religione nella critica del diritto, la critica della teologia nella critica della politica. Il primo grande rivolgimento storico della realtà, è, per Marx, la religione dell’ebraismo. L’uomo –specifica Marx – non è un essere astratto, rimpiattato fuori dal mondo. È l’uomo che crea il mondo dell’uomo.
Nell’ambito sionista il teorico più importante fu Theodor Herzl (1860-1904), le cui grandi capacità organizzative si rivelarono decisive per la causa sionista. Solo con il I Congresso sionistico (Basilea 1897) il movimento assunse la concretezza di un progetto con quattro indirizzi: il sionismo socialista, il sionismo spirituale, il sionismo religioso, il sionismo sintetico. In un articolo ad un settimanale inglese egli così riassume le sue posizioni: «La questione ebraica continua a esistere…Siamo un unico popolo…Sì siamo sufficientemente forti da formare uno Stato; e uno Stato modello». Il I Congresso sionista fondò l’Organizzazione sionista mondiale e approvò quello che sarebbe passato alla storia come «Programma di Basilea». Molto chiarificatrice è l’affermazione di Herzl, secondo cui il sionismo sarebbe stato «una parte del bastione dell’Europa contro l’Asia, un avamposto della civiltà a difesa dalla barbarie». Tuttavia molti ebrei d’Europa e dell’America del Nord, non aderirono al Programma di Basilea. Altri ebrei attaccarono il programma del sionismo socialista da sinistra (al quale aderiva Rosa Luxemburg) affermando che la soluzione della questione ebraica si sarebbe avuta unicamente quando gli sfruttati avrebbero considerato il mondo dal punto di vista dei loro interessi di classe e non di quelli nazionali.
I sionisti attuali, come quelli dell’Ottocento, pensano, come al tempo di Giacobbe, che i coloni ebrei provenienti dall’Europa compissero una specie di “ascensione” dalla diaspora per rinascere in Palestina. Tra il 1882 e il 1915 ci furono cinque (aliyah) “ascese”. Nello stesso periodo il finanziere Edmond de Rothshild, investì 1,5 milioni di sterline negli insediamenti agricoli in crisi a favore dei coloni ebrei. Questa prima “ascesa” raddoppiò il numero degli ebrei contribuendo, così, alla formazione di un nucleo indispensabile all’insediamento futuro. Le successive due “ascese” si ebbero negli anni 1904-14 e 1918-23. Queste due ondate migratorie portarono in Palestina circa 75.000 nuovi coloni. La quarta ascensione 1924-28 fece affluire 82.000 nuovi immigrati, mentre nella quinta 1928-38, ne affluirono 280.000. (L. Gelvin, Il conflitto israele-palestinese). Ad ogni “ascesa” corrispose un egual numero di arabi-palestinesi cacciati dalle loro terre e dalle loro case.
È del 2 novembre 1917 la lettera che il ministro degli Esteri britannico, Arthur James Balfour, invia al barone Lord Rothschild, nella quale il governo inglese esprime la sua approvazione in favore della creazione di un focolare nazionale per il popolo ebraico: «sono molto lieto di inviarLe da parte del governo di Sua Maestà la seguente dichiarazione di simpatia per le aspirazioni degli Ebrei sionisti, che è stata sottoposta ed approvata dal Gabinetto». Questa comunicazione è passata alla storia come Dichiarazione Balfour. Essa è di enorme portata storica, è il nucleo originario di una delle più terribili aggressioni compiute dai sionisti e dagli imperialisti anglo-americani contro il popolo palestinese. Dice lo storico Gelvin: «La Dichiarazione Balfour va senz’altro considerata una pietra miliare nella storia del movimento sionista.
Mentre scrivo apprendo la notizia che i bombardamenti su Gaza, dopo tre giorni di pausa, sono ricominciati da parte delle forze armate israeliane. Nella sola giornata di ieri 178 sono i morti palestinesi. È lo stesso Netanyahu, col beneplacito di Biden, a comunicarlo con le seguenti parole: «Le nostre forze sono lanciate in avanti all’attacco. Continuiamo a combattere con tutta la nostra forza fino al raggiungimento dei nostri obiettivi: il recupero dei nostri ostaggi, la distruzione di Hamas e la garanzia che Gaza non rappresenterà mai più una minaccia per Israele».
Si tratta di un altro passo in avanti verso la conquista dell’intera Palestina e la distruzione totale del popolo palestinese, secondo il precetto sionista: una terra senza popolo, per un popolo senza terra.
Teramo 02-12-2023