INTERVETO DEL COMPAGNO DELEGATO GIUSEPPE TIBERO AL CONGRESSO PROVINCIALE DELLA FIOM CGIL TERAMO
Cari compagni,
Questo congresso cade in un contesto generale di estremo pericolo per la classe operaia, per i lavoratori, per il sindacato e la democrazia in generale.
L’attacco trentennale alle conquiste dei lavoratori ha raggiunto l’apice da una decina d’anni a questa parte. I governi che si sono susseguiti non sono stati altro che la cinghia di trasmissione degli interessi del padronato più retrivo, ma nell’ultimo anno la situazione si è oltremodo più chiarita: il tentativo di cancellare la Costituzione attraverso il movimento renziano non è andato a buon fine, ed il padronato ha impresso una svolta ancora più autoritaria attraverso il governo “gialloverde”, ma nei fatti a esclusiva trazione leghista. L’attacco è violento, dietro la retorica della sicurezza si cela una politica di classe violenta e antipopolare, di attacco al lavoro e repressione poliziesca. Sia ben chiaro, siamo parte di una filiera. Ci troviamo di fronte ad un progetto che inocula in Europa il nazionalismo più oltranzista sostituendolo alla lotta di classe, un progetto sapientemente diretto dalla regia americana di Trump, che ricorda la metodologia utilizzata per scomporre la Jugoslavia, fino alle estreme conseguenze. Il livello nazionalistico-statalistico, portato avanti dal populismo sovranista per conto delle forze multinazionali dell’economia e della finanza, porterà ad avere staterelli europei deboli e divisi, totalmente asserviti agli interessi monopolistici. Il sindacato è investito in pieno in questo scontro: da un lato lo si attacca frontalmente calunniandolo e investendolo di insulti qualunquisti, dall’altro si introduce nei lavoratori una falsa coscienza funzionale al padronato. E’ diffusissima oggi l’idea, portata anche dentro il sindacato appunto, di uno scontro non tra capitale e lavoro ma tra lavoratori: tra tutelati e precari, tra italiani e stranieri. Ultimamente viaggia una clamorosa bufala secondo la quale il lavoratore migrante sarebbe l’esercito industriale di riserva che toglie i diritti al lavoratore italiano “regolare”. Non voglio neanche perdere tempo a confutare simili sciocchezze che Marx non ha mai affermato, ma ci troviamo in una epoca in cui per sconfiggere definitivamente le forze del progresso e del lavoro si ricorre ad ogni sporco mezzo. Compagni non nascondiamocelo: queste posizioni sono state portate, in misura più o meno velata, anche dentro il sindacato, con lo scopo di frazionare, dividere, indebolire. La risposta a questo non può essere la dispersione ed il frazionismo intestino sempre più acceso. La risposta è quella che ci ha insegnato Gramsci: l’unità. Unità sindacale e politica, ma ad un livello più alto: se è vero che le forze del capitale monopolistico agiscono di concerto a livello europeo per dividere, i lavoratori devono farsi promotori di una vasta unità di lotta politica e sindacale a livello europeo, principalmente dei paesi più industrializzati. Il capitale infatti assume una forma sovranazionale: il solo Gruppo Volkswagen è presente in tutto il mondo con 122 impianti produttivi di cui 71 in Europa. Per quanto riguarda il settore siderurgico, esso è presente con 500 siti produttivi presenti in 23 Stati membri della Ue con circa 360 mila lavoratori. Il Gruppo Thyssen-Tata, solo riferito all’acciaio, ha 34 siti produttivi. Il processo storico non si può arrestare con l’illusione del ritorno alla piccola produzione nazionale. Questo fenomeno si accompagna però alla concentrazione monopolistica. Se prendiamo il settore siderurgico, guardiamo alla recente fusione tra il Gruppo Thyssen ed il Gruppo Tata. Esso nasce in contrasto alle strategie di mercato di Arcelor-Mittal che ha recentemente acquisito l’lva. Il nuovo Gruppo prenderà il nome di Thyssenkrupp Tata Steel, in cui saranno riunite le rispettive attività europee nel settore dell’acciaio. Il primo problema è occupazionale, in quanto molti posti di lavoro verranno tagliati e questa è la conferma che la redditività ed i profitti aziendali non hanno nulla a che vedere con la crescita occupazionale anzi. Infatti all’indomani dell’acquisizione arrivava la dichiarazione dell’amministratore delegato di Thyssenkrupp Heinrich Hiesinger : «Questa joint-venture creerà un valore aggiunto di 5 miliardi grazie alle sinergie», cioè ai tagli. Occorre una risposta che non puo’ essere quindi il ripiegamento nazionale, antistorico, ma un coordinamento politico e sindacale di carattere europeo, di impronta antimonopolista.
E’ la lotta di classe europea antimonopolista la risposta agli attacchi divisivi sferrati dalla classe padronale internazionale. E’ questa la sola prospettiva ad esempio che può risolvere il problema delle delocalizzazioni nell’est Europa o in Asia. L’illusione che i governi nazionalisti e populisti impediscano le delocalizzazioni si infrange sul crudo muro della realtà: recentemente esponenti governativi hanno affermato che cercheranno di convincere gli industriali a non delocalizzare attraverso agevolazioni fiscali e abbassamento del costo del lavoro. Il film già visto alla Honeywell, ditta che dopo aver ottenuto agevolazioni fiscali, deroghe al contratto nazionale, ha chiuso i battenti ed è fuggita.
Quindi occorre lottare a livello unitario ed europeo se vogliamo impedire questo, abbandonando ogni illusione che ci stanno propinando. Lottare per la parità di salario in Europa anche per i lavoratori migranti, per tutele e diritti a livello europeo per lavoratori europei e migranti, questi sono alcuni degli assi programmatici da inserire all’ordine del giorno del sindacato e della politica. Solo attraverso una lotta di respiro europeo sarà possibile difendere il salario ed il lavoro a partire dalle nostre piccole realtà.
Controguerra (TE), 1 ottobre 2018