ENNIO ANTONINI: STRENUO COMBATENTE COMUNISTA DELLA CLASSE OPERAIA
di Maurizio Nocera
Il compagno Ennio Antonini non è più. Se n’è andato in una giornata di primavera 2019, via dalla sua terra d’Abruzzo, dalla sua Nereto, via da questa Terra che egli amava immensamente, come sa amare un comunista.
Il compagno Ennio è stato un comunista marxista-leninista, un compagno ancorato alle radici ideali della classe operaia, delle masse lavoratrici. Lo testimonia tutt’intera la sua vita, durante la quale non ci sono stati momenti difficili (pur se di momenti difficili ne ha dovuto affrontare, dalla progressiva malattia agli occhi culminata nella cecità, fino alla perdita prematura della sua compagna di vita Lodina), che non abbia saputo affrontare con dignità e coraggio.
Coraggio di cui egli ha saputo armarsi non mostrando segni di cedimento, né distogliendo lo sguardo da quelli che riteneva essere i fondamenti del suo vivere: il rispetto della natura e la fedeltà alla lotta per l’emancipazione della classe operaia e del popolo lavoratore. È stato sempre dalla parte dei più deboli, difendendoli con la sua presenza di comunista nelle lotte e, soprattutto, contribuendo a costruire barriere di difesa ideologica per tutti gli sfruttati della terra, a partire dalla classe operaia. Il suo pensiero politico e il suo agire lo dimostrano.
Ennio Antonini ha militato sempre nelle file comuniste: prima nel Partito comunista italiano, quindi nel Partito comunista d’Italia (marxista-leninista), costituito a Livorno nel 1966 con Fosco Dinucci. In seguito, coerentemente e sempre sulla base di decisioni collegiali, è approdato al Partito della Rifondazione comunista (1991), nel Partito dei Comunisti Italiani (1998), nel ricostituito Partito comunista italiano (2016) con Mauro Alboresi segretario generale.
Le sue scelte politiche e personali le ha sempre vagliate con accortezza, senza fretta. A volte ha dimostrato di avere la pazienza del più vecchio dei vecchi saggi della Terra, nel sapere aspettare che tutti i compagni e le compagne giungessero agli stessi esiti politici a cui Egli era già arrivato in anticipo, grazie al riferimento costante ai testi e alla stretta adesione alle aspettative della classe operaia e delle masse lavoratrici. Nell’introduzione al libro Unione. Storia della cooperazione, datata gennaio 2017, che stava per dare alle stampe, scriveva:
«Per ragioni di salute e per sbagliare meno, occorre il contributo di tutti, soprattutto dei diretti interessati. Uno scritto collegiale per esprimere il profondo legame organico tra il lavoro, la vita e la lotta per la conoscenza e l’emancipazione della società».
In quello stesso libro descriveva così quella che è stata la sua formazione politica, attualissima per i riferimenti alla rivoluzione tecnologica tuttora in atto:
«Il lavoro, la vita e le lotte di ognuno [il riferimento è ai lavoratori con i quali cominciò ad organizzare le cooperative abruzzesi] sono stati i mattoni della mia formazione. Il monopolismo disgrega il lavoro, le famiglie e i partiti per colpire queste fondamenta e perpetuare il suo dominio. Da sempre, esso favorisce uomini soli da corrompere: presidenziali, saltimbanchi e masanielli. Utilizzando la nuova comunicazione di massa, strumento della viva partecipazione democratica, da una necessità può nascere una virtù. Umanizzare internet e ridare la parola ai lavoratori, sarebbe già un grande risultato».
Ecco. Queste sono le idee basilari sulle quali si fondava il suo pensiero scientifico e politico. Lottare contro il capitalismo, foriero di sventure per l’umanità, e allo stesso tempo umanizzare tutto ciò che ruota intorno all’umanità.
Il compagno Ennio amava la politica e ha speso la sua intera vita per essa. Amava lo studio dei grandi classici della classe operaia (Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao Tse Dong), che non solo leggeva, ma sorprendentemente ne memorizzava interi passi, che era in grado di citare perfettamente all’occasione. Per Lui valeva il concetto che «la classe operaia, le sue lotte, le sue organizzazioni, in Europa, nutrono la piena fiducia e i pensieri di Marx, Engels, Lenin, Stalin e l’esempio politico e morale di Antonio Gramsci».
In una delle sue più recenti analisi (Lottare per unirsi/ Unirsi per lottare) afferma:
«I maestri del socialismo scientifico studiarono e lottarono in tutta la loro vita per unire i comunisti e i lavoratori e indicare loro la via della lotta per l’emancipazione sociale e nazionale dell’intera società capitalistica contemporanea. I loro insegnamenti e il loro esempio illuminarono le menti e infiammarono i cuori degli intellettuali e dei lavoratori d’avanguardia che nel 1871 diedero vita alla Comune di Parigi. Con il marxismo e il socialismo scientifico, il proletariato è divenuto classe e ha compreso il valore dell’unità “cosciente ed organizzata” per poter lottare contro lo sfruttamento del capitalismo».
Ennio Antonini riteneva che alla base della lotta di classe ci fosse lo studio, e il suo interesse per questo non è mai venuto meno. Nell’articolo Educazione di classe scriveva:
«La classe operaia, il gruppo sociale più numeroso e organizzato sul pianeta, può risolvere la profonda crisi strutturale, culturale, economica, sociale e politica della società.
La classe operaia e i comunisti europei educano una vasta Alleanza democratica tra il proletariato e la borghesia per fermare e sconfiggere il monopolismo. La classe operaia, educata dal suo partito, dirige la necessaria Dittatura democratica del proletariato in una crescente Educazione del proletariato».
Prestava estrema attenzione agli assetti e alla composizione delle classi sociali, dalle società post-medievali a quelle moderne. Nello stesso articolo citato scriveva:
«Protagonisti del moto rivoluzionario della società sono l’intraprendente borghesia e il moderno proletariato. Due classi rivoluzionarie divise da diversi interessi e concezioni dell’uomo e del mondo. La borghesia muove da interessi competitivi, più individuali e particolari, che finiscono per favorire il monopolismo privato e l’assolutismo. Il proletariato esprime interessi emulativi, più cittadini e collettivi, che educano la classe operaia e la democrazia. In Europa, la borghesia, sulla spinta dei suoi molteplici interessi competitivi, scuote la società feudale e promuove decine di migliaia di comuni, di gruppi consiliari, parlamentari, rappresentanze elettive, ordini professionali e un diffuso Movimento democratico; il proletariato con le sue lotte di emancipazione esprime centinaia di migliaia di delegati organici, di consigli di fabbrica, rappresentanze sindacali e un cosciente Movimento operaio per il cambiamento profondo della società contemporanea. In lotta politica contro il dominio dell’alta borghesia, il proletariato moderno, con Marx ed Engels, esprime anche il socialismo scientifico».
Il compagno Ennio, oltre ad essersi formato sugli scritti dei grandi pensatori del movimento operaio internazionale, è stato un cultore dell’opera del compagno Antonio Gramsci. Il fondatore del Partito comunista d’Italia (Livorno 1921) non era soltanto un filosofo tra i più grandi del Novecento, da leggere e studiare, ma anche il dirigente politico la cui teorie vanno messe in pratica, «l’esempio politico e morale dei popoli amanti della pace, della democrazia e del socialismo». In occasione del 70° anniversario della scomparsa di Gramsci (27 aprile 1937), in una serie di convegni che si tennero in Italia, Egli elaborò un’analisi (Partito e Stato in Gramsci) di grande attualità. In essa scriveva:
«Gramsci parlamentare […] aiuta a riproporre la stretta organicità, tipicamente gramsciana, contro la quale hanno infierito la borghesia finanziaria e i suoi lacchè per dividere e tentare di riportare il mondo aldilà della Rivoluzione d’Ottobre e della stessa Rivoluzione francese. […] Denunciare in Parlamento i crimini della borghesia (vedasi il discorso del 16 maggio 1925), lottare per l’unità di tutte le forze progressiste contro il fascismo e l’imperialismo, costruire o rafforzare il Partito comunista tra la classe operaia e le larghe masse lavoratrici e democratiche, criticare con severità le radici di classe delle deviazioni, sempre con la più calda fraternità per curare la malattia e salvare l’ammalato, svolgere un costante impegno per la mobilitazione di tutte le energie popolari e intellettuali, partire dalle condizioni nazionali e tendere all’unità della lotta internazionale del proletariato, educare costantemente soprattutto le giovani generazioni al nuovo pensiero collettivo sono stati l’essenza viva dell’impegno organico del parlamentare comunista unitario Antonio Gramsci. Il maestro più amato del proletariato rivoluzionario internazionale, per la fede fino al martirio nella mobilitazione delle masse per la trasformazione sociale. […] Egualmente importante risulta il suo insegnamento per una soggettività politica organicamente impegnata nell’implacabile denuncia mediatico istituzionale, nella lotta generosa per l’unità delle forze progressiste contro la fascistizzazione governativa e nell’infaticabile costruzione del Partito comunista. Partito comunista genialmente approfondito da Gramsci, nelle condizioni di una società capitalistica evoluta, come intellettuale collettivo, di quadri e di massa, dell’avanguardia della classe operaia, insediato soprattutto tra i lavoratori amanti dello studio e i ricercatori amanti del lavoro. Un’anima di classe in un’articolazione di massa per una funzione di educazione e di mobilitazione organizzata. […] I marxisti-leninisti devono interpretare creativamente l’insegnamento di Antonio Gramsci, non solo nella denuncia istituzionale e nella battaglia unitaria, ma principalmente nella lotta per l’unità dei comunisti e per la ricostruzione del partito leninista».
Ecco qui una definizione dell’opera e del pensiero di Gramsci, che forse non sarebbe dispiaciuta nemmeno allo stesso fondatore del Pcd’I, perché Ennio Antonini era così: prima formulare un concetto, ci rifletteva a lungo, instancabilmente.
Chi scrive conosce i sacrifici di Ennio Antonini. Per anni e anni in giro con Lui per l’Italia a tenere conferenze, convegni, incontri, magari solo con esigui gruppi di compagni e compagne sperduti sui confini delle Alpi, o giù nel Mezzogiorno d’Italia, ad ascoltare le esigenze di un gruppo di operai di una fabbrica in dismissione. Con grande generosità, pur nella difficoltà della vista, non rinunciava ad essere presente là dove la classe operaia lo richiedeva. Non dimentico le decine di incontri fatti assieme al compagno Antonio Calabria, presidente dell’Istituto di Studi Comunisti di Napoli, purtroppo anch’Egli prematuramente scomparso. Ennio, che già quasi non vedeva più, riuscì a non saltare nessuno degli incontri programmati.
Per nostra fortuna, ci sono rimasti i suoi scritti, che ci confortano del suo pensiero e della sua rivoluzionaria.
Si diceva prima che Egli era stato uno dei fondatori del Pcd’I(m-l). Nel 2006, in una sua memoria [Il Pcd’I(m-l) patrimonio gramsciano], che fu per molti di noi una lezione di scienza politica, ricorda quella sua esperienza di militanza concreta e vitale per la lotta di classe in Italia:
«40 anni sono trascorsi da quando, in una calda serata romana dell’autunno 1966, dall’autobus affollato che mi riportava dal lavoro vidi sui muri di Piazza Vittorio un manifesto rosso con il simbolo di falce e martello in una stella. Scesi alla prima fermata, lessi la costituzione a Livorno del Partito Comunista d’Italia (marxista-leninista) e trovai compagni modesti e preparati, privi di quella boria che segna i gesti e le parole di dirigenti borghesi e opportunisti. Una boria che troppo spesso gonfia i petti senza vita dell’intellettualismo astratto e i calli senza idee dell’operaismo praticone. Per i compagni che vi hanno militato, il Pcd’I(m-l) è stata una scuola e i suoi maestri sono stati intellettuali seri come il compagno Fosco Dinucci e il compagno Livio Risaliti e lavoratori studiosi come il compagno operaio Pietro Scavo e il compagno contadino Angelo Cassinera. Una lunga scuola di comunismo che ha resistito al furioso attacco liquidatorio contro il marxismo-leninismo, sferrato dall’imperialismo e dal revisionismo suo lacchè, governista di destra e trotzkista di “sinistra”. Essa ne ha difeso il principio più rivoluzionario: l’unità dialettica di teoria e pratica, sulla cui divisione sono radicati millenni di dominio delle classi sfruttatrici. Ricordo ancora oggi la meraviglia dell’anziano compagno Gino Parisciani di Roseto degli Abruzi (Te), quando a Pisa non riuscì a dissuadere Fosco dal portargli la valigia alquanto pesante. Il compagno Dinucci era venuto a salutarci nella sua città in occasione della partenza di una comitiva turistica per l’Unione Sovietica. Il compianto Gino ricorderà spesso ai giovani: “il Segretario nazionale del Pcd’I(m-l) mi ha portato la valigia”. Era la primavera del 1985 e il compagno Fosco Dinucci andava per i 65 anni. Questa è la classe operaia: non l’insieme quantitativo o una parte qualsiasi dei lavoratori ma quella che opera pensando e che pensa operando per la collettività. […] Fu questa profonda coscienza unitaria la ragione principale della confluenza del Pcd’I(m-l) nel movimento della Rifondazione comunista, dove i compagni hanno lottato “senza chiedere nulla”, come sottolineava il compagno Fosco Dinucci».
E quando nel Partito della rifondazione comunista si fecero strette le maglie per noi marxisti-leninisti che venivamo dall’esperienza del Pcd’I(m-l), Ennio ebbe il coraggio di dire ai dirigenti di quel partito che noi non lottavamo per assumere cariche dirigenziali o qualsivoglia poltrona onorifica; noi eravamo combattenti della e per la classe operaia (Consigli di fabbrica, Rappresentanze sindacali) e per la difesa dei principi rivoluzionari marxisti-leninisti. Fu così che nacque in lui, assieme a chi scrive e sotto la guida di Fosco Dinucci, il Centro Lenin-Gramsci di Educazione (Firenze, inverno 1991), pietra fondativa di quello che ancora oggi si chiama Centro Gramsci di Educazione.
Mai sarebbe nato questo importantissimo organismo cultural-politico che è oggi il Centro Gramsci di Educazione se non ci fosse stato a crearlo e a dirigerlo per circa 30 anni il compagno Ennio Antonini, il cui pensiero e opera rivoluzionaria resterà nella nostra memoria e di quanti verranno.